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Rappresentazione visiva dell'articolo: Cosa ci sta insegnando il Coronavirus?

Autore: Marco Sestilli

Data di pubblicazione: 11 marzo 2020

Cosa ci sta insegnando il Coronavirus?

Facciamo cronaca: le Borse europee affondano. Colpa del Coronavirus e della guerra del petrolio. Ma non è certo la prima volta che i mercati crollano e non bisogna lasciare che la paura prevalga, facendoci fare scelte avventate ed evitabili errori dettati dalle emozioni. 

Abbiamo superato guerre mondiali, il Vietnam, l’influenza suina, la Sars, l’aviaria, l’11 settembre. Supereremo anche questa: il Coronavirus verrà debellato e i mercati non scenderanno per sempre.

Respiriamo aria di grande incertezza, ognuno di noi si chiede: cosa sta succedendo? Quali saranno le conseguenze? Quando torneremo alla normalità? 

L’unica cosa certa è che momenti difficili e pesanti come questo ci aiutano a dare valore alle cose realmente importanti.

Ognuno di noi sa che ci sono fasi in cui i mercati possono avere forti cali, fa parte del gioco, ma comunque questo ci crea panico e timori.

Sappiamo anche che non investire non è un’opzione. L’inflazione e la continua svalutazione del patrimonio immobiliare, a cui noi italiani siamo particolarmente legati, non ci lasciano altra scelta che investire.

Tutto questo cosa comporta per il risparmiatore e l’investitore?

Bisogna vendere tutto? Liquidare le proprie posizioni? Come impatta tutto ciò con la pensione personale? Si riuscirà comunque a realizzare quello che era stato pianificato secondo i propri sogni e bisogni?

L’importante in queste circostanze è avere un consulente finanziario e non farsi prendere dall’isteria facendo scelte finanziarie dettate dalla paura.

Questa discesa è in linea le discese registrate in media sull’indice USA (S&P 500) negli ultimi 40 anni. Per 30 volte su 40 l’indice ha chiuso l’anno in positivo. Si tratta di un’annotazione statistica importante che ci fa capire come il momento delle discese dovute a fattori non economici e non strutturali è quello peggiore per portare una revisione strategica del portafoglio. Le discese sono fisiologiche e vanno contemplate nel momento in cui si decide come strutturare il portafoglio. Se arriva l’evento assolutamente imprevedibile ed impattante (una Terza Guerra Mondiale, per estremizzare) allora il discorso può mutare, ma il caso del Coronavirus viene definito dagli esperti come fenomeno transitorio: già nei decenni scorsi sono emerse epidemie (come la SARS) e statisticamente nei 6 mesi successivi il ritorno delle Borse è stato positivo.

La miglior cosa che puoi fare in questo momento è attenerti al piano finanziario che hai impostato. Se non ne hai uno, in questo momento probabilmente ne stai capendo l’importanza e quanto sia importante farsi aiutare da un professionista.

Cosa ci sta insegnando questa crisi?

Che è cambiato tutto, e lo fa sempre più rapidamente, che le cose che si davano per scontate anche solo 10 anni fa oggi non sono più certezze. Come la pensione. Ecco perché essere giovani in questo contesto è un vantaggio, più dei capelli bianchi e dell’esperienza.

Questa crisi, infatti, sta mostrando la vulnerabilità degli approcci consulenziali basati su paradigmi tradizionali (il market timing su tutti) ed enfatizza come l’approccio comportamentale sia fondamentale nella costruzione di un portafoglio.

Dobbiamo costruire portafogli robusti, ben diversificati, seguendo principi tecnici e statistici che non posso essere fatti amatorialmente e fonderli con gli obiettivi delle persone e con i diversi atteggiamenti nei confronti del rischio. Quando investiamo dobbiamo comprendere in primis quali sono le nostre reali esigenze (protezione, rendimento, longevità…) e non fermarci al potenziale guadagno.

In definitiva, questa crisi non è come quella del 2008 che dipendeva da una gestione sbagliata dell’economia, ma è uno di quei micro-movimenti che nel lungo periodo non intaccano i risparmi e la crescita del capitale. Quando ci sono queste discese la storia ci insegna che nel 75% dei casi il mercato ha chiuso in positivo perché l‘economia trova gli anticorpi per rispondere a questi attacchi. A fare la differenza non sono le asset class o i costi, ma i comportamenti virtuosi.

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